mercoledì 4 marzo 2009

REALE ECONOMIA O ECONOMIA REALE?

Parliamo di economia: non quella dei grandi imperi finanziari e dei finanzieri, ma quella dei “numeri quotidiani” con i quali è costretta a fare i conti la gente comune.
Premetto che non sono un economista né tantomeno un ‘mago della finanza’; fine della premessa. Allora perché parlare di economia? Perché sono uno dei tanti, purtroppo sempre di più, che ogni giorno subisce a proprie spese l’economia fatta da altri; insomma, uno di quelli cha fa fatica ad arrivare a fine mese…e che si sta incazzando!
Questo mi porta a credere che nell’ultimo decennio la reale economia (quella dei grandi imperi finanziari), abbia banchettato a spese di chi invece ha subìto l’economia reale (il popolo, che fa la spesa nei discount per spendere meno, che non fa più il pieno di benzina, che telefona di meno…. ).
Si è quindi instaurato un sistema economico altamente speculativo, con lo scopo di fare arricchire sempre e solo i soliti volti noti; e se il piccolo artigiano, il commerciante o il dipendente richiedono un prestito devono produrre garanzie a non finire, per avere in cambio pochi spiccioli e con fatica.
Ultimamente questo sistema sta vacillando, come abbiamo visto dal crollo mondiale delle Borse e dal fallimento di colossi finanziari; ma non certo a vantaggio del ‘piccolo cittadino’, bensì di altri gruppi economici pronti a speculare ancora di più.
Per intenderci: il pesce grosso mangia il pesce piccolo. Fateci caso: quando i mercati economici tendono a rialzarsi e si intravede qualche timido segnale di ripresa, c’è sempre qualche potente banchiere, italiano ed europeo, che genera allarmismo con pesanti voci di recessione, ottenendo il conseguente crollo dei mercati. Chi crede che nessuno speculi su questa altalena delle Borse è un illuso: la realtà è che qualcuno sta incassando un ‘sacco di soldi’.
Che fare quindi, dopo avere puntato l’indice accusatore? Deve intervenire la politica; importanti e fondamentali le misure attuate dal Governo, ma occorrono altri interventi necessari: la riduzione dei costi della politica stessa in primo luogo. E non intendo la miseria riconosciuta a noi Consiglieri di Quartiere o Comunali, che ci autofinanziamo le iniziative; intendo gli strabenefici dei parlamentari ed eurodeputati, perché con quindicimila e più euro al mese è difficile capire cosa significa “vivere la recessione economica”, e si è troppo lontani dai problemi di chi ha uno stipendio di mille euro.
Si devono tagliare gli stipendi dei super manager, dei banchieri, e le super pensioni: è uno schiaffo alla miseria che ex politici ed ex manager, anche di aziende private, percepiscano vitalizi e pensioni superiori a ottomila euro mensili, quando invece ci sono anziani costretti a vivere con la pensione sociale…
Così come fa ribrezzo sentire i piloti Alitalia che scioperano perché avranno ‘solo’ settemila euro di stipendio…
Infine, bisogna cambiare il tipo di economia: il capitalismo è un buon sistema se tutti ne traggono sviluppo e beneficio; ma quando la speculazione domina e crea troppo divario tra ricchi e poveri, allora il sistema è marcio e lo si deve fermare.
Occorre la socializzazione del capitalismo; attenzione, non ho detto “socialistizzazione” (attuazione del socialismo) ma ‘socializzazione’ (sviluppo del sociale).
L’economia deve essere in funzione dell’intera società: attuando la ridistribuzione della ricchezza ai lavoratori tenendo in considerazione i ruoli, le responsabilità ed il merito all’interno delle aziende pubbliche e private; riducendo il dislivello tra ricchi e poveri, portando più denaro nelle tasche delle persone ridistribuendo buona parte degli utili d’impresa.
Evitando così ondate di scioperi politici e dannosi per gli stessi lavoratori, e riducendo il potere politico dei sindacati.
Così è…se vi pare.

Davide Nanni

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